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Progredire all'estero nella carriera

11 marzo 2007

Molte persone desiderano un posto di lavoro in cui siano meglio riconosciuti i loro meriti professionali, un impiego che li gratifichi non solo con soddisfazioni morali ma anche con una retribuzione adeguata.

Forse la spinta più decisiva è quella di sfruttare la propria qualifica e la propria esperienza in un contesto straniero. Dopo anni di formazione e lavoro in Italia, essi ritengono giunto il momento di "offrirsi" fuori dal proprio mercato del lavoro. Hanno saputo che, con il proprio bagaglio professionale, possono trovare dei riconoscimenti più alti all'estero: perché lo stipendio italiano si posiziona nella parte inferiore della scala europea, perché la visione del "collaboratore" nel contesto aziendale italiano lo vedono raramente al centro dell'attenzione formativa, perché l'assegnazione della responsabilità al singolo è un elemento fondamentale dell'innovazione aziendale, che in Italia spesso non viene considerato.

Guardando le professioni di queste persone si può trovare di tutto: dal pizzaiolo che sceglie la nave da crociera al laureato in economia che si sistema presso la sede europea di una multinazionale, dal medico e dall'infermiere che seguono il richiamo del sistema sanitario inglese o norvegese alla segretaria che si trasferisce a Bruxelles in uno studio europeo di avvocati, dal viticoltore che accetta l'offerta della cantina sociale nella Nappa Valley in California al falegname che va a lavorare presso l'ente Fiera di Berlino.

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Vivere e lavorare nel Regno Unito

Il 14 marzo 2007 ore 14,00 presso l'Università di Padova, Dip. Ingegneria dell'Informazione, Aula Ve, Via Gradenigo 6/A, EURES Veneto presenta "Vivere e lavorare nel Regno Unito". La presentazione sarà svolta da Helen Giles, consigliere EURES di Bristol, ed è rivolta agli studenti universitari dell'ultimo anno, con particolare riferimento agli ingegneri.
Gli studenti potranno chiedere informazioni circa i posti di lavoro disponibili e potranno discutere il proprio CV.
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Hanno tutti alcune caratteristiche in comune.

» Hanno "rinunciato" all'Italia, agli amici e spesso anche alla famiglia per alcuni anni o per sempre. La loro decisione è così forte che la lontananza, anche di anni, non li preoccupa. Altrimenti non si troverebbero a proprio agio e di conseguenza non potrebbero dare il meglio di sé nel lavoro.

» Hanno saputo mettere nella luce giusta la propria formazione acquisita in Italia. Impresa non facile considerate le differenze tra i sistemi formativi non solo in Europa. Sono riusciti inoltre a far capire il valore dell'esperienza professionale accumulata che, insieme alla personalità, hanno convinto l'azienda.

» Hanno acquisito una buona-ottima conoscenza della lingua. Durante la fase formativa e lavorativa hanno saputo sviluppare un bagaglio linguistico tale che consente di trasferire al 100% il loro know how professionale nel nuovo contesto di lavoro. Solo chi è in grado di far "fruttare" pienamente le proprie capacità (ciò che richiede per forza la lingua) può aspettarsi un forte interesse ad assumerlo da parte delle aziende.

» Infine troviamo la preparazione interculturale. Queste persone hanno di solito avuto, nel corso della loro formazione, vari periodi lunghi all'estero durante i quali hanno dovuto superare i problemi connessi all'integrazione in un contesto straniero. Sono riusciti, già in età precoce, ad arrangiarsi nei contatti con la gente e la cultura straniera, hanno superato con successo la sensazione di trovare tutte le porte chiuse perché stranieri, hanno creato la loro rete di contatti all'estero che aiuta a trovare sicurezza e che rassicura la persona nelle situazioni di solitudine e difficoltà.

Se analizziamo la loro situazione professionale dopo che si sono inseriti nel mercato del lavoro locale, possiamo generalmente constatare che sono riusciti a mettere a frutto la loro preparazione italiana: non solo hanno ottenuto un notevole balzo in avanti della retribuzione (cosa non particolarmente difficile visto che gli stipendi italiani sono tra i più bassi in Europa, non solo per laureati ma anche per le professioni d'ufficio e artigianali) ma hanno anche goduto di una celere progressione di carriera, perché hanno saputo cogliere le opportunità di crescita professionale all'interno dell'azienda (l'azienda europea, di solito, dedica molta attenzione allo sviluppo delle proprie risorse umane, perché le vede come asse fondamentale per reggere la concorrenza).

C'è anche da dire che queste persone, una volta tornate in Italia, non hanno vita facile. Nonostante tutte le esperienze maturate in un contesto estremamente interessante per l'azienda italiana, spesso vengono considerati come casi problematici perché il loro curriculum fa paura oppure non viene capito. Paura perché portano qualifiche ed esperienze che neanche i titolari possono vantare e perché le loro richieste economiche rischiano di portare uno squilibrio all'interno dell'azienda. Incomprensione perché molti hanno ricoperto mansioni e svolto formazioni che la piccola-media impresa italiana non conosce neanche.

via: www.eurocultura.it

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posted by Planeterasmus, 15:14

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