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Oliviero Toscani: «L’Europa sarà la nostra salvezza»

15 aprile 2006

Fotografo, deus ex machina di campagne di comunicazione internazionali per diverse istituzioni (tra le quali le Nazioni Unite) di note riviste e aziende, una per tutte quella della Benetton, e fondatore di Fabrica, un centro di ricerca internazionale di comunicazione ed arte, co-fondatore di Colors, il primo magazine globale al mondo, Oliviero Toscani fa zoom con le sue creative lens sull’Italia. E le sue stonature con i colors d’Europa.

Ci spiega qual è, secondo lei, il segreto del grande successo del Cavaliere e l’arretratezza della classe politica italiana rispetto all’Europa, che corre veloce senza di noi?
Quando la massa ha un livello basso di intelletto e l’intellighentia non esiste quasi più – perché magari ha trasferito i gentil deretani altrove – è facile farsi elevare dalla massa. Così fa il Cavaliere. Prendiamo ad esempio le sue battute: sono assolutamente normali. Attorno ad una tavola, non farebbe ridere nessuno. Ma dato che in politica non c’è la minima cognizione di cosa sia la creatività, una normale battuta assume echi maggiori. Berlusconi è semplicemente un uomo normale che dice una cosa diversa dall’encefalogramma piatto che contraddistingue politica italiana di oggi».

In una recente intervista andata in onda su Rai 2 ha affermato che la creatività non può essere democratica. Secondo lei, Berlusconi e il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, applicano, rispettivamente, una politica e una finanza creative?
Il processo creativo non è mai democratico. E la finanza creativa non esiste, è un falso, è una battuta. Quanto alla politica creativa, l’unico ad averla adottata è stato Gandhi. E basta. Berlusconi, ripeto, è un uomo normale in mezzo ad una massa di banali.

Di recente ha dichiarato che spera in una vittoria del Cavaliere per poter, da uomo di sinistra, avere il nemico al governo e criticarlo liberamente. Come mai non se la sente di farlo se fosse la sinistra a salire al potere? Eppure la sinistra è “dialettica” per definizione storica...
Dialettica? Ma quale dialettica! La sinistra è fondamentalista. E, in quanto tale, non dà spazio all’intelligenza.

Ma come, non aveva detto che si sarebbe astenuto dal parlare male anche del suo credo politico?
Pur appartenendo a questa “strana famiglia”, sia di pensiero che di cuore, riconosco i suoi spaventosi limiti. La sinistra è priva di qualsiasi tipo di creatività, siamo incivili e banali. Tuttavia qualcuno salverei: Enrico Letta ad esempio e Pier Luigi Bersani. E la stupirò dicendole che nemmeno Giulio Tremonti mi dispiace: è un uomo educato e gentile. A destra non è male nemmeno, come si chiama, Fisichella? Ha capito chi? (n.d.r. Domenico Fisichella, ex senatore di Alleanza nazionale, oggi nello schieramento di sinistra con la Margherita). Ad ogni modo il mio debole, lo rinnovo, va alla validissima Emma Bonino. Emma Bonino for President! Mentre Marco Pannella è colui che più mi assomiglia politicamente. Pannella non è né di destra né di sinistra. È un uomo moderno che ha capito che la destra e la sinistra sono solo divisioni ottocentesche. Ormai lo sanno anche i bambini che viviamo in una società tutta interamente di destra. E per un semplice motivo: tutti inseguono il profitto. Negli anni Settanta era ancora un po’ diverso…

Perché?
Le faccio un esempio: nel 1976 il Sig. Berlusconi un giorno mi invitò a cena a casa di una nobile signora della Milano bene. Chiamò me e Umberto Eco...

Che fiuto, si potrebbe dire…
Eh, sì, ci voleva nella sua scuderia. Aveva pensato di affidarci la sua neonata televisione. Insomma dovevamo prendercene cura dal punto di vista della comunicazione e dei contenuti. Ovviamente né io né Eco accettammo, eppure l’offerta monetaria non era da poco.

Se la destra e la sinistra non esistono più, cosa pensa invece della nuova rinata questione della devolution, delle recrudescenze nazionaliste e dell’Europa dei popoli? Lei che l’Europa ce l’ha nel sangue, si sposta in macchina e macina kilometri da Paese a Paese, come vede il “problema Italia” in seno all’Europa?
Essere nato in Italia non vuol dire niente per me. È solo un documento che lo prova: non sono legato a doppio filo a nessun territorio in particolare. Amo la Svezia, la Norvegia, i Paesi scandinavi in genere. Lì sì, che mi sento a mio agio. Li rispetto e credo che tra gli italiani e loro ci sia una differenza fondamentale. Prendiamo ad esempio la Svezia: è un Paese ricco, popolato da gente benestante. L’Italia invece è un Paese povero, sempre più povero, fatto da ricchi, che speculano e non pagano le tasse.

Si riferisce alle scalate dei furbetti del quartierino? Agli immobiliaristi attualmente sotto la lente della magistratura ? Anche in Italia, secondo lei, è dunque arrivato il momento delle grandi fusioni transfrontaliere?
Assolutamente sì! E sarà quindi l’Europa la nostra salvezza. Ben vengano gli acquisti da società straniere su banche nazionali, come l’offerta pubblica di acquisto dei francesi alla Bnl. Che ci comprino le scuole e i servizi pubblici! Che la Lufthansa compri subito l’Alitalia! Francia, Spagna, Germania e Inghilterra possono produrre servizi più diversificati e migliori. Io acquisto jeans americani, ho un’auto tedesca e non mi sono mai fatto condizionare dalle frontiere dei politici.

Per concludere, Toscani, lei che è un creativo e s’intende di bellezza, in Italia dove trova ancora il senso della bellezza?
Nelle persone. L’Italia è fatta di individui. E anche nella luce e nel magnetismo che questa terra emana... Un’energia non rintracciabile altrove, anche se questo magnetismo è stato anche rovinoso. E poi la bellezza risiede anche nell’arte di questo Paese. Arte di cui si è sempre servito il potere, perché qualsiasi potere ha avuto bisogno dell’arte, che è comunicazione prettamente visiva. Con una duplice valenza: educatrice e dipendente dal potere per crescere. Fotografo, deus ex machina di campagne di comunicazione internazionali per diverse istituzioni (tra le quali le Nazioni Unite) di note riviste e aziende, una per tutte quella della Benetton, e fondatore di Fabrica, un centro di ricerca internazionale di comunicazione ed arte, co-fondatore di Colors, il primo magazine globale al mondo, Oliviero Toscani fa zoom con le sue creative lens sull’Italia. E le sue stonature con i colors d’Europa.

Ci spiega qual è, secondo lei, il segreto del grande successo del Cavaliere e l’arretratezza della classe politica italiana rispetto all’Europa, che corre veloce senza di noi?
Quando la massa ha un livello basso di intelletto e l’intellighentia non esiste quasi più – perché magari ha trasferito i gentil deretani altrove – è facile farsi elevare dalla massa. Così fa il Cavaliere. Prendiamo ad esempio le sue battute: sono assolutamente normali. Attorno ad una tavola, non farebbe ridere nessuno. Ma dato che in politica non c’è la minima cognizione di cosa sia la creatività, una normale battuta assume echi maggiori. Berlusconi è semplicemente un uomo normale che dice una cosa diversa dall’encefalogramma piatto che contraddistingue politica italiana di oggi».

In una recente intervista andata in onda su Rai 2 ha affermato che la creatività non può essere democratica. Secondo lei, Berlusconi e il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, applicano, rispettivamente, una politica e una finanza creative?
Il processo creativo non è mai democratico. E la finanza creativa non esiste, è un falso, è una battuta. Quanto alla politica creativa, l’unico ad averla adottata è stato Gandhi. E basta. Berlusconi, ripeto, è un uomo normale in mezzo ad una massa di banali.

Di recente ha dichiarato che spera in una vittoria del Cavaliere per poter, da uomo di sinistra, avere il nemico al governo e criticarlo liberamente. Come mai non se la sente di farlo se fosse la sinistra a salire al potere? Eppure la sinistra è “dialettica” per definizione storica...
Dialettica? Ma quale dialettica! La sinistra è fondamentalista. E, in quanto tale, non dà spazio all’intelligenza.

Ma come, non aveva detto che si sarebbe astenuto dal parlare male anche del suo credo politico?
Pur appartenendo a questa “strana famiglia”, sia di pensiero che di cuore, riconosco i suoi spaventosi limiti. La sinistra è priva di qualsiasi tipo di creatività, siamo incivili e banali. Tuttavia qualcuno salverei: Enrico Letta ad esempio e Pier Luigi Bersani. E la stupirò dicendole che nemmeno Giulio Tremonti mi dispiace: è un uomo educato e gentile. A destra non è male nemmeno, come si chiama, Fisichella? Ha capito chi? (n.d.r. Domenico Fisichella, ex senatore di Alleanza nazionale, oggi nello schieramento di sinistra con la Margherita). Ad ogni modo il mio debole, lo rinnovo, va alla validissima Emma Bonino. Emma Bonino for President! Mentre Marco Pannella è colui che più mi assomiglia politicamente. Pannella non è né di destra né di sinistra. È un uomo moderno che ha capito che la destra e la sinistra sono solo divisioni ottocentesche. Ormai lo sanno anche i bambini che viviamo in una società tutta interamente di destra. E per un semplice motivo: tutti inseguono il profitto. Negli anni Settanta era ancora un po’ diverso…

Perché?
Le faccio un esempio: nel 1976 il Sig. Berlusconi un giorno mi invitò a cena a casa di una nobile signora della Milano bene. Chiamò me e Umberto Eco...

Che fiuto, si potrebbe dire…
Eh, sì, ci voleva nella sua scuderia. Aveva pensato di affidarci la sua neonata televisione. Insomma dovevamo prendercene cura dal punto di vista della comunicazione e dei contenuti. Ovviamente né io né Eco accettammo, eppure l’offerta monetaria non era da poco.

Se la destra e la sinistra non esistono più, cosa pensa invece della nuova rinata questione della devolution, delle recrudescenze nazionaliste e dell’Europa dei popoli? Lei che l’Europa ce l’ha nel sangue, si sposta in macchina e macina kilometri da Paese a Paese, come vede il “problema Italia” in seno all’Europa?
Essere nato in Italia non vuol dire niente per me. È solo un documento che lo prova: non sono legato a doppio filo a nessun territorio in particolare. Amo la Svezia, la Norvegia, i Paesi scandinavi in genere. Lì sì, che mi sento a mio agio. Li rispetto e credo che tra gli italiani e loro ci sia una differenza fondamentale. Prendiamo ad esempio la Svezia: è un Paese ricco, popolato da gente benestante. L’Italia invece è un Paese povero, sempre più povero, fatto da ricchi, che speculano e non pagano le tasse.

Si riferisce alle scalate dei furbetti del quartierino? Agli immobiliaristi attualmente sotto la lente della magistratura ? Anche in Italia, secondo lei, è dunque arrivato il momento delle grandi fusioni transfrontaliere?
Assolutamente sì! E sarà quindi l’Europa la nostra salvezza. Ben vengano gli acquisti da società straniere su banche nazionali, come l’offerta pubblica di acquisto dei francesi alla Bnl. Che ci comprino le scuole e i servizi pubblici! Che la Lufthansa compri subito l’Alitalia! Francia, Spagna, Germania e Inghilterra possono produrre servizi più diversificati e migliori. Io acquisto jeans americani, ho un’auto tedesca e non mi sono mai fatto condizionare dalle frontiere dei politici.

Per concludere, Toscani, lei che è un creativo e s’intende di bellezza, in Italia dove trova ancora il senso della bellezza?
Nelle persone. L’Italia è fatta di individui. E anche nella luce e nel magnetismo che questa terra emana... Un’energia non rintracciabile altrove, anche se questo magnetismo è stato anche rovinoso. E poi la bellezza risiede anche nell’arte di questo Paese. Arte di cui si è sempre servito il potere, perché qualsiasi potere ha avuto bisogno dell’arte, che è comunicazione prettamente visiva. Con una duplice valenza: educatrice e dipendente dal potere per crescere.

fuente: www.cafebabel.com

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posted by urbanohumano, 10:18

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