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Cpe. A spasso per le università parigine che si preparano ad una nuova protesta

05 aprile 2006

PARIGI. Prima della manifestazione prevista per oggi abbiamo ascoltto una studentessa danese impegnata nel progetto Erasmus nella capitale francese e le abbiamo chiesto cosa ne pensa della situazione crata dal contratto Cpe varato dal Governo francese e quali differenze ci sono con il suo paese d'origine.
Gli scioperi si susseguono, le manifestazioni crescono sempre di più nel seguito popolare. Sembra quasi, ad uno sguardo esterno che tutta la Francia, o almeno quella che ha qualcosa da dichiarare alle televisioni, alle radio, ai giornali, sia mobilitata per domandare il ritiro del nuovo contratto CPE. Gli ultimi sondaggi sembrano concordi: il 60% dei francesi non è d’accordo con il presidente della repubblica, ancora di più vorrebbero il ritiro del CPE.
Una lunga tradizione francese, quella di scendere nelle strade e nelle piazze, per esprimere il proprio disaccordo. Una tradizione, un modo di intendere la democrazia, che è differente dallo spirito danese, dalle sue forme di protesta, per numero di partecipanti e per modalità di manifestare.
Un modo di vedere e di concepire il sistema di manifestare che non è quello di Sophie Lehrmann Gravgaard, studentessa danese a Parigi per continuare i suoi studi sulla comunicazione d’azienda.
A 21 anni, Sophie è qui grazie al programma Erasmus, che le permette di studiare per sei mesi in Francia, e conoscere a fondo questo paese, al quale porta un amore tale da pensare seriamente di trasferirsi definitivamente qui.
Ieri, nel “forum des Artistes”, punto d’incontro, largo spazio lasciato agli studenti dall’architettura anni sessanta del campus universitario di Parigi XIII-Villetaneuse, università nella periferia nord di Parigi, abbiamo chiesto a questa ragazza cosa pensa di questo movimento, di queste manifestazioni sempre più popolari.

Che cosa pensi di questo contratto che sta provocando tutta questa mobilitazione?
«Sono contro questo contratto. Il CPE è pericoloso anche per le persone che hanno una formazione, come gli studenti universitari. È stato concepito per i giovani che non hanno nessuna formazione, e che essendo assunti in un’azienda ricevono una formazione professionale. Ma la flessibilità che cerca di introdurre può essere nociva per persone che hanno già una formazione, che hanno delle qualità e delle capacità, persone che al pari dei ragazzi che lasciano la scuola a 15 anni, possono essere licenziati senza nemmeno un giusto motivo».

Perché allora questo contratto secondo te? Perché questa fermezza in Villepin?
«Io credo che tutte queste siano strategie, manovre politiche. Hanno voluto introdurre ora, in questo momento questo contratto che secondo le loro intenzioni, avrebbe dovuto aumentare il lavoro, l’ impiego. Volevano arrivare alle elezioni politiche del 2007 con un bel risultato, aver diminuito il tasso di disoccupazione, ma al prezzo della precarizzazione».

Ma, il Presidente della Repubblica ha in pratica domandato ai parlamentari di cambiare i punti che erano contestati dagli scioperanti. Questo in effetti è un bel passo avanti per il dialogo, non credi?
«Si, e no. Lui ha solo indicato la strada che voleva fosse seguita per cambiare la legge. Ma non l’ha ritirata. Anzi, l’ha promulgata. Il governo sta dimostrando di decidere da solo, anche nelle sue marce indietro, senza concertazioni con le parti sociali, che dovrebbero esserne invece completamente ammesse. La scelta in questo caso non è bilaterale. È normale che a questo punto, visto il seguito che i sindacati stanno avendo, vogliano giocare al braccio di ferro con il governo»

Che cosa vuoi dire?
«Nessuna delle due parti vuole dialogare. Il governo continua nella sua politica della “torre d’avorio”, decidendo tutto al suo interno, lasciando ai sindacati in effetti solo la scelta se prendere o lasciare».

E’ ancora possibile trattare con questo Governo?
«Ormai io credo che sia una forma di rifiuto a priori. Come dire, per principio. Vogliono far sentire al governo ed al sistema politico che vogliono essere consultati quando le scelte dei politici li interessano direttamente. Credo che questo movimento sia molto simile, nello spirito almeno, al no alla costituzione europea. Anche se la Francia è uno dei paesi promotori dell’Europa»

Che cosa intendi? Quale è il legame secondo te?
«Credo, che anche se molti francesi erano a favore della Costituzione Europea, hanno votato no per dare al governo un segnale. Come se avessero voluto avvisare i loro politici che la situazione era grave, che andava prima risolto il problema della precarietà del lavoro in Francia. Naturalmente questo passava in primo piano rispetto ad una costituzione di una entità sopranazionale che, naturalmente, non è sentita con lo stesso calore che il proprio, privato, problema del lavoro».

Come oggi? Villepin promette che aiuterà il mercato del lavoro il suo contratto
certo che questo contratto aumenterà il numero degli impiegati complessivi. Ma saranno cifre e dati, da sventolare in campagna elettorale, drogati da un sistema perverso. Le cifre aumenteranno, ma nulla impedirà alle imprese riassumere dei giovani, con degli aiuti fiscali, e passato un anno di prova, di lasciarli a casa. Certo, molte più persone lavoreranno, ma dove andranno? Senza sicurezza, senza poter accedere ai mutui, senza potersi costruire un futuro. È per questo che io, come i ragazzi che sono qui, studiamo. Per avere sicurezza nel futuro. E con questo contratto, non è detto che ne avremo

In Danimarca quale è la situazione?
«Da noi, gli studenti escono mediamente più tardi dalle filiere universitarie, qui in Francia i ragazzi possono aver finito l’università a 23 anni. Questo vuol dire che hanno bisogno di lavoro, per affrancarsi dalla famiglia, per crearsi una nuova vita, la loro. In Danimarca il tasso di disoccupazione è più basso che qui, e lo stato non entra assolutamente nel merito di un contratto di lavoro, che è lasciato alla contrattazione tra l’imprenditore e l’impiegato. Per quanto riguarda le manifestazioni, è raro che ci siano un gran numero di persone che scendono nelle strade per manifestare, e ancora meno sono quelle persone che approfittano della situazione per atti vandalici, come invece succede qui».

Sophie oggi non andrà alla Assemblea Generale degli studenti, ha un corso da seguire alla stessa ora. Anche se è d’accordo con i manifestanti, sull’ingiustizia e sulla discriminazione giovani/non giovani che questo contratto introduce, non parteciperà alla manifestazione di martedì. Manifestazione proclamata da tutti i sindacati, per chiedere ancora una volta, senza contrattazioni, il ritiro di questo contratto. In Danimarca lo stato non interviene, l’economia e la società sono certamente diverse, e, la disoccupazione, è più bassa.

fonte: www.primadanoi.it

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posted by urbanohumano, 19:37

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